La bellezza dell’essere cristiani

Pubblicato il 28 Marzo 2007

L’amicizia al cuore della Chiesa: questa la prima, profonda impressione che hanno suscitato in me le parole di Benedetto XVI in piazza San Pietro e che ho approfondito in un articolo scritto per il settimanale della Diocesi di Imola.

Sabato scorso ero tra i centomila (di cui mille della nostra Diocesi) che hanno riempito Piazza San Pietro fino a via della Conciliazione per l’udienza concessa da Benedetto XVI alla Fraternità di Comunione e Liberazione in occasione del XXV anniversario del riconoscimento pontificio. Un gesto semplice ed essenziale, com’è nella natura del movimento: recita delle lodi, alcune letture e canti, poi l’arrivo del Santo Padre sotto la pioggia battente.

“Il mio primo pensiero va al vostro fondatore, Mons. Luigi Giussani, al quale mi legano tanti ricordi e che mi era diventato un vero amico”, esordisce il Papa che ricorda l’ultimo incontro, “quando l’amato Giovanni Paolo II mi inviò a presiedere i suoi solenni funerali” e “i tanti incontri e contatti di don Giussani con il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II”. Emerge il filo di un’amicizia personale che ha legato Giussani, Ratzinger e Giovanni Paolo II, della quale Benedetto XVI si fa testimone, mossi dallo stesso amore a Cristo e dalla stessa passione per la felicità degli uomini. Non si tratta appena di una rievocazione di ricordi personali, ma la descrizione di un metodo, la comunione, per l’edificazione della Chiesa che non può essere il frutto di una volontà organizzativa. “Comunione e Liberazione è un’esperienza comunitaria della fede (…) originata da un incontro rinnovato con Cristo e così, possiamo dire, da un impulso derivante ultimamente dallo Spirito Santo” il quale, sottolinea il Papa, tramite don Giussani, “ha suscitato nella Chiesa un Movimento, il vostro, che testimoniasse la bellezza di essere cristiani in un’epoca in cui andava diffondendosi l’opinione che il cristianesimo fosse qualcosa di faticoso e di opprimente da vivere. Don Giussani s’impegnò allora a ridestare nei giovani l’amore verso Cristo “Via, Verità e Vita”, ripetendo che solo Lui è la strada verso la realizzazione dei desideri più profondi del cuore dell’uomo, e che Cristo non ci salva a dispetto della nostra umanità, ma attraverso di essa”. Espressione, quest’ultima, usata da Benedetto XVI nell’omelia di Natale e qui attribuita a don Giussani, come per attestare di essere debitore verso l’insegnamento di questo “coraggioso sacerdote” che gli era diventato “vero amico”. E gli amici veri si comunicano ciò che hanno di più caro e si fanno discepoli l’uno dell’altro. Soprattutto di Giovanni Paolo II papa Ratzinger si mostra discepolo (ed è noto quanto Giovanni Paolo II considerasse indispensabile per sé la presenza di Ratzinger). A più riprese ne richiama il Magistero e fa propria la consegna che affidà a CL nel 1984: “Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace che si incotnrano in Cristo Redentore”, ma c’è il suo timbro quando invita ad “una fede profonda, personalizzata e saldamente radicata nel vivo Corpo di Cristo, la Chiesa, che garantisce la contemporaneità di Gesù con noi.” Come a dire che la fede di ciascuno deve avere come orizzonte il mondo e in primo luogo quel mondo che è il nostro “io”. Così il cristianesimo potrà essere incontrato come “testimonianza dell’immensa carità di Dio per la vita di ogni uomo” e mostrare “la vittoria di Cristo risorto”, “fonte di nuovi valori e capace di orientare l’intera esistenza”. Comunione e Liberazione, rimarca Benedetto XVI , “ancora oggi si offre come una possibilità di vivere in modo profondo e attualizzato la fede cristiana” secondo due caratteristiche: “una totale fedeltà e comunione con il Successore di Pietro e con i Pastori che assicurano il governo della Chiesa” ed “una spontaneità e una libertà” di forme e di realizzazioni.
Mentre il Papa compie l’ultimo giro per salutare i presenti, guardo alla piazza piena di gente la cui vita è stata affascinata e cambiata dal “sì” di un uomo alla propria vocazione dalla quale è scaturito un popolo dentro il grande popolo della Chiesa.

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